Fior di Libri

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Ribka Sibhatu, Aulò. Canto – poesia dall’Eritrea

Ribka Sibhatu è una donna eritrea dalle molte anime: scrittrice, saggista, poetessa, mediatrice culturale e ricercatrice, nata ad Asmara ed esperta della cultura orale del suo popolo (laureata in Lingue e letterature straniere, ha conseguito un dottorato in Sociologia della comunicazione all’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma). La sua storia, segnata dalla lacerazione dell’esilio che ha costretto Ribka ad attraversare l’Etiopia e la Francia, per poi stabilirsi in Italia, a Roma, dove vive da vent’anni, è diventata un libro dal titolo “Aulò. Canto – poesia dall’Eritrea”, pubblicato per la prima volta nel 1993 dalla casa editrice romana Sinnos (introduzione di Tullio De Mauro e testo tigrino a fronte) e ora alla sua quarta edizione. Oggi il romanzo è diventato un film-documentario, realizzato da Simone Brioni, Ermanno Guida e Graziano Chiscuzzu, con la colonna sonora di Edoardo Chiaf e Gabriele Mitelli, presentato sabato 1 novembre 2012 al Museo nazionale preistorico etnografico “Luigi Pigorini” di Roma – Eur. Ribka, piccola di statura, il viso dolce, i modi garbati ma decisi, spiega, con una lieve inflessione romana, che in Eritrea gridando “Aulò” si richiede il permesso di parlare, per attaccare o ribattere su un argomento, lodare o accusare, rigorosamente in rima, prima pensata e poi recitata o cantata (come una sorta di rap), in occasione di avvenimenti pubblici, matrimoni, funerali e commemorazioni. Lo sguardo si vela appena mentre racconta di quanto sia stato difficile accettare che il suo romanzo divenisse un film-documentario sul colonialismo italiano in Eritrea e l’immigrazione in Italia, che narrasse il proprio dolore (il carcere, l’esilio) e quello di un popolo in diaspora, per correggere l’idea inesatta che gli italiani hanno di quel periodo (coloro che l’Italia chiama eroi, l’Eritrea definisce invasori) e dell’immigrazione in genere, avendo cura di tralasciare gli aspetti più crudi relativi a trent’anni di lotta, alle migliaia di cadaveri e alla riduzione in schiavitù della popolazione (di cui racconta a voce, per tutelare la famiglia rimasta in patria). Il documentario ha inizio con una serie d’interviste realizzate sulla spiaggia di Ostia, volte proprio a percepire la conoscenza che i romani, in particolare, hanno dell’Eritrea (iniziando dalla sua esatta ubicazione) e dell’emigrazione in generale. Durante il filmato la voce narrante di Ribka, dopo aver rivendicato l’orgoglio per le proprie origini (“So’ bella nera … Ero solo abissina, so’ franco-eritrea de Roma”), narra della sua terra e dell’esperienza del colonialismo raccontato dal punto di vista dei colonizzati. Il filmato procede attraverso un percorso tra Roma e Asmara (detta la “piccola Roma”), fatto di strade, monumenti, edifici, piazze (come Piazza dei Cinquecento, dedicata ai caduti di Dogali, durante l’invasione dell’Eritrea nel 1887), raccontando come, nonostante il colonialismo e, soprattutto durante il periodo fascista, viene a crearsi un legame tra colonizzatori e colonizzati, che perdura tuttora e fa dire a Ribka in un “aulò”: “Malgrado i vari problemi che un immigrato è costretto ad affrontare, la mia Roma mi abbracciò”. L’impegno di Ribka su molteplici fronti ha proprio lo scopo e il pregio di favorire lo scambio culturale tra Italia ed Eritrea o, più in generale, con il Corno d’Africa, offrendo una prospettiva diversa, rispetto a quella proposta dai media, della storia e dell’immagine dell’immigrato, nonché del linguaggio con cui viene rappresentato.

Fiorella Ferrari

Aulò

Ribka Sibhatu, Aulò. Canto – poesia dall’Eritrea, Sinnos, Roma, 2009, pp. 128, euro 10,00.

© Pubblicato su “Conquiste del Lavoro – Via Po economia” N°8 del 16/01/2013. 

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Questa voce è stata pubblicata il 28 Maggio 2015 da in Biografie, Narrativa con tag , , , .