Fior di Libri

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Josephine Heart, Il danno

“C’è un paesaggio interiore, una geografia dell’anima; ne cerchiamo gli elementi per tutta la vita”, qualcuno li trova e altri li cercano per un’intera esistenza, qualcun altro, invece, finge di averli trovati, come Mr Fleming, protagonista de “Il danno” di Josephine Heart (1944-2011). Tom, il padre, ha organizzato la sua vita attorno a un unico elemento: la forza di volontà, attraverso la quale raggiunge ogni obiettivo, subordinando quelli altrui ai suoi, concedendo loro, tuttavia, il beneficio del dubbio che siano frutto di scelte personali.

Anche per questa ragione l’esistenza di Fleming prende gradualmente forma attraverso tappe piuttosto prevedibili: la laurea in medicina, conseguita senza troppa fatica ma neanche soddisfazione; un buon lavoro, quello di medico, come suo padre, seppure un generico, lontano dalle beghe accademiche; un matrimonio sereno e senza contrasti con una donna risolta e risoluta, Ingrid; la nascita di due figli, Martyn e Sally, l’unica variabile difficile da controllare. Fra i trenta e i quarant’anni, in breve, tutti i suoi traguardi sono stati raggiunti, mentre avverte inspiegabilmente che il tempo corre veloce come un cavallo impazzito che non è più in grado di dominare.

Nemmeno l’ingresso in politica, caldeggiato dalla moglie e dal suocero, riesce a scuotere la sua vita poiché il copione messo in atto in quella circostanza risulta il medesimo di sempre: una nuova parte da recitare con competenza, onestà e partecipazione, ma completamente priva di passione. Tutta la sua vita, in realtà, può definirsi “una buona rappresentazione” in grado di far contenti quasi tutti, con qualche difficoltà in più nel renderla convincente di fronte ai suoi figli, soprattutto a Martyn. Il ragazzo, che fisicamente ha preso il meglio dai suoi genitori, è un giornalista agli esordi ma dotato di grande ambizione, affascinante e con una certa instabilità sentimentale, almeno sino al suo incontro con Anna Barton, di otto anni più grande.

Quando gli verrà presentata, Fleming scoprirà che nella vita nulla è mai veramente sotto controllo e che prima o poi da una scossa della giusta intensità può scaturire una piccola crepa a minare anche un terreno apparentemente solido, determinando un “danno” irreversibile. Sin da quel primo incontro, l’uomo ha come la sensazione che il proprio scheletro inizi ad emergere da sotto la pelle che lo riveste, la propria vera natura ad affiorare dall’eterna recita a cui l’aveva costretta. Nonostante sia intuibile la catastrofe incombente, la relazione tra Fleming e Anna, una donna di trentatré anni che, a sua volta, ha subito un “danno” durante l’infanzia, inizia quasi subito e in modo dirompente, confermando che il mondo meticolosamente costruito attorno a lui possiede fondamenta inconsistenti, che nessuna remora di sincerità, fiducia e responsabilità impediranno la sua unica possibilità di rinascita a una vita più vera, anche se con la violenza di un parto complicato.

Nemmeno la notizia delle future nozze del figlio, già mal tollerata dalla madre ma devastante per il padre, riuscirà a scardinare il rapporto malato tra i due, basato su una patologica dipendenza reciproca tra un dominatore e la sua sottomessa. In fondo, come gli suggerisce Anna, si tratterà solo di creare un nuovo equilibrio, farsi una ragione del fatto che Martyn rappresenti per lei la normalità, l’accettazione senza dubbi né pretese né certezze, così come sua moglie incarna per lui l’amore senza passione, l’insoddisfazione placata dalle consuetudini e dalla quotidianità in “un’ellittica intimità”. Anche perché, il loro rapporto di amanti, come spesso accade, trova la propria origine e sopravvivenza solo all’interno di una dimensione che nulla ha a che fare con la normalità, intrisa di sofferenza anche se di un tipo vivo e pulsante, non di quella che, a volte, determina un lento processo di pietrificazione che dai recessi più interni della persona si estende lentamente alle estremità, paralizzandola per intero.

È un romanzo la cui conclusione è l’unica possibile, scritto con un linguaggio denso, intenso, che scava nella psiche del protagonista, rivelando la passione della scrittrice irlandese per la poesia e il teatro. La sua è una trama che indubbiamente contiene alcuni elementi disturbanti, che tocca corde difficili come il tradimento, quello nei confronti di una moglie, possibile, e quello nei confronti di un figlio, inaccettabile, e la connotazione devastante che assume eros quando si trasforma in thanatos. Eppure, si legge con un coinvolgimento profondo, con un interesse simile a quello che desta l’osservare una scena che sconvolge ma che non si riesce a non guardare sino alla fine o il giudicare un comportamento del quale ci si ritiene incapaci, pur nella consapevolezza che la condizione umana, per sua natura intrinseca, rende possibile qualsiasi azione.

Come si può accettare il comportamento di un uomo che determina un dramma di natura colposa, come quello di cui si macchierà Flemig? La sua stessa moglie giungerà ad affermare che sarebbe stato meglio se fosse morto ed egli stesso esordisce nel capitolo primo con la dichiarazione che, se non avesse superato i cinquanta anni, non avrebbe potuto compiere quelle scelte che hanno deviato la vita di tante persone, anche se, così facendo, egli non sarebbe, in realtà, vissuto mai.

Il romanzo, diventato un film con Jeremy Irons e Juliette Binoche nel 1992, si può condensare nella frase: “Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere”. La narrazione scatena riflessioni sulla piega che a volte prende una vita che non si è stati in grado di gestire, che per pura paura ha condotto sui sentieri di una morte che precede quella fisica, sul senso di certe esperienze ed errori, i quali, nel bene e nel male, hanno costituito momenti vissuti con intensità e verità. Se anche essi sono stati mediati dal dolore, hanno, tuttavia, creato un sommovimento, smosso un inconscio bloccato, e sta all’essere umano la scelta di come utilizzare la propria esperienza, lasciando, ad esempio, che possa sfociare nella tragedia, come in questo caso, oppure in una strada salvifica per imparare a trasporre quella verità del sentire che la sofferenza ha insegnato in una forza vitale positiva per un’evoluzione personale.

Fiorella Ferrari

Josephine Heart, Il danno, Feltrinelli, Milano, 2019, p. 167, euro 9,90.

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Questa voce è stata pubblicata il 11 Maggio 2020 da in Libri, Narrativa, Recensioni, Sesso con tag , , , .